mercoledì 24 febbraio 2010

Opposizione


L'inossidabile Pontifex Carcano mi definisce compagna del leader dell'opposizione interna: se per leader dell'opposizione interna intende Francesco Paoletti, l'unica parola che ha senso è 'compagna'.

Di Carcano, prima che lo conoscessi, mi venne spesso decantato l'acume politico; poi l'ho conosciuto, e ho iniziato a chiedermi dove lo tenesse.
La mia impressione è che sia quasi del tutto privo della capacità di valutare le persone, di creare relazioni e dinamiche di gruppo funzionali, di instaurare collaborazioni con realtà esterne, di motivare la base e ingenerare entusiasmo e carica nella piazza.

Non che tali capacità siano obbligatorie, ma certo fanno un gran bene quando ci sono. Se non ci sono, e magari il vuoto è riempito da qualche senso d'inferiorità, allora si rischia di far danni.

Come il giungere a ritenere Francesco Paoletti, con il consiglio del tutto disinteressato dell'intoccabile Orioli e di un imparzialissimo Giorgio Villella, il proprio pericoloso e principale nemico.
Sarebbe stato utile che il Pontifex avesse la capacità di riconoscere la lealtà priva di secondi fini, laddove la trovava, dacché avrebbe evitato di accusare di conflitti di interessi e sottoposto ad un processo sommario basato su accuse consapevolmente false la persona che fino a quel momento gli era stato indiscutibile sodale, braccio destro e misteriosamente per me, perfino amico.

Fin qui, passi. Si conceda a Pontifex l'attenuante del trepidare per la propria poltrona, sempre consigliato come sopra, e si potrà comprenderne almeno in parte l'umano dramma.

Ciò che non mi spiego, nemmeno prescindendo dalla R di razionalista che tanto gli è sgradita, è l'acrimonia con la quale pone il concetto di 'opposizione interna' in una realtà che si vuole democratica.

Si vuole democratica, ma a guardar bene...
Un socio milanese di solida esperienza dirigenziale e relazionale ha dato un'efficace e spassionata analisi del trust di poteri arrogatosi dal Comitato di Coordinamento, suggerendo di riequilibrare al contempo la struttura di governo dell'associazione ed il comportamento politico del Comitato stesso; ne ha ricevuto in cambio le ormai solite critiche.

Tuttavia, non è forse dato e legittimo che in qualsivoglia struttura si regga su forme di democrazia rappresentativa, possa esservi chi la pensa diversamente dagli eletti in carica? Non è legittimo finanche che chi la pensa diversamente possa esprimere il proprio pensiero ed eventualmente porre le basi di una campagna elettorale?

O forse la cornice dell'ultimo Congresso riminese è stata piacevole al punto da indurlo a confonderlo con un Conclave? Non sarebbe il primo segretario caduto nell'equivoco di attendersi una carica a vita del tutto scevra di democratiche opposizioni.

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